Il Diamante di Ghiaccio

Leggende perdute delle Valli del Nord

 Tra le leggende narrate negli anni, solo alcune sono state tramandate sino ai nostri giorni. Molte sono andate perdute. Il materiale documentale ritrovato recentemente ha permesso di ricostruirne alcune. Ecco quella conosciuta come: 

Il Diamante di Ghiaccio 


Un tempo lontano c’era un re di una tribù dei Kenomanos  che custodiva un grande tesoro.
Era un tesoro che apparteneva alla sua casata da generazioni e ogni sovrano che si era succeduto aveva provveduto ad arricchirlo, accumulando i bottini delle guerre vinte.
Così aveva fatto l’ultimo discendente, e in sovrappiù aveva preteso esosi tributi dai suoi vassalli.
Il tesoro era custodito in una stanza del castello e consisteva per lo più in monete e oggetti d’oro. Il re teneva particolarmente al più prezioso oggetto della sua collezione: il Diamanrte di Ghiaccio, gemma purissim, della grandezza di una forma di pane, che si diceva appartenuto a un grande sovrano delle lontane terre d’Oriente. Senza alcuna imperfezione, tagliato e molato da sapienti artigiani, emanava bagliori sovrannaturali. Bastava un debolissimo raggio di luce, e quel prezioso gioiello rifletteva moltiplicando la luce,  e a chi lo osservava pareva di avere visioni di paradiso.
Il re era ossessionato dal tesoro. Trascurava i suoi impegni a corte per passare lunghe ore a bearsi dei suoi averi, soprattutto lasciandosi incantare dalle luci sfavillanti del diamante.
Così avvenne per molti anni, esasperando gli animi del suoi sudditi e rinforzando la convinzione nei regni vicini, che la sua potenza e influenza erano ormai compromesse.
Fu così che il re dei Reti, alleandosi con Leponzi e Boi, mosse guerra a quel regno.
Saputolo, il re ordinò che si radunasse immediatamente il suo esercito, e che si disponesse ai confini per fermare l’avanzata degli invasori.
Ma nessuno dei suoi sudditi obbedì. Si ammassarono all’ingresso del castello e al re fu recapitato un messaggio.
“Troppo tempo abbiamo passato nell’attesa di un tuo comando, di un tuo segno di attenzione verso di noi. Ci ha invece lungamente vessato a causa del tuo tesoro. Ora non ti riconosciamo più come nostro sovrano. Apriremo le porte agli invasori,  così eviteremo morte e distruzione.
Ti lasciamo al tuo castello e al tuo tesoro. Difendilo da solo, se ci riesci.”
Così detto, se ne andarono, mentre l’esercito nemico si apprestava a superare le mura.  Il re, con la sparuta guardia a lui ancora fedele, sprangò le porte del castello, e si preparò all’assedio.
Ma quando videro la moltitudine dei soldati, le guardie reali tremarono.
Disse il capo delle guardie al re: “ Guarda che moltitudine di armati. Non abbiamo nessuna speranza di difendere il castello. Con l’ariete colpiranno il vecchio portone che cederà in pochi minuti. Abbiamo una sola possibilità”
“Non mi arrenderò mai!” esclamò il re che pareva aver riacquistato l’orgoglio di un tempo.
“Non è necessario. Ricorderai certamente l’esistenza di un passaggio segreto, che porta in alto, alle pendici del Grande Ghiacciaio. Potremo fuggire da lì, non scopriranno il passaggio per molto tempo, e saremo già al sicuro allora.
Così fecero, ma prima il re passò nella sala del tesoro. Prese delle borse di monete, da distribuire ai suoi uomini affinché gli fossero ancora più fedeli, e una molto più grande per sè. Ma soprattutto non volle lasciare ai nemici il suo prezioso Diamante di Ghiaccio. Dovette metterlo in una bisaccia molto robusta, che molto era il peso di quella pietra.
Scesero nel passaggio segreto e richiusero la porta dietro di loro. L’angusto corridoio saliva, di tanto in tanto faceva una brusca curva. Faticarono molto, e per molte ore, al buio, senza rumore alcuno se non lo strofinio delle armi sulle rocce e il calpestio dei pesi sul terreno viscido. Il re sentiva il peso del diamante opprimerlo più del senso di soffocamento Una sola lanterna baluginava in testa alla fila, mentre dietro di loro il buio richiudeva il sentiero.
Finalmente, dopo molto camminare, un barlume apparve innanzi a loro. Ad ogni passo il buio si liquefaceva in una luce grigia, e la speranza cresceva in loro.
Finalmente fuori, tutti respirarono grandi sorsi di fresca e vivificante aria.
L’uscita si trovava proprio ai fianchi del fronte del Grande Ghiacciaio, e uno strato alto due pollici di neve ricopriva il terreno. Stettero per  un momento tutti ammutoliti nell’ammirare la maestosità delle pareti di ghiaccio, poi vociarono, accennarono a una risata, sino a chè  il comandante non li zittì.
“Guardate sul crinale.” tutti volsero lo sguardo. Una schiera di armati si stagliava sull’orlo del pendio. “Stanno venendo qui. Per ora non ci possono vedere, siamo in una zona in ombra, ma non abbiamo molto tempo per allontanarci.”
Il re, non avvezzo a marce forzate di tale natura, si sentiva distrutto.
“Non credo di avere le forze per proseguire.”
“È quel peso che vi portate addosso la causa della vostra stanchezza. Liberatevene e riuscirete a fuggire.”
Ma il re si strinse la bisaccia a sè.
“Non posso abbandonare il mio tesoro!”
“Ma quel peso vi rallenterà e i nemici vi cattureranno, così perderete entrambe, il tesoro e la libertà.”
Queste ultime parole convinsero il monarca.
“Va bene. Nasconderò il tesoro e torneremo a prenderlo a tempo debito.  Ma dove nasconderlo?”
Vi era, all’imboccatura della galleria, un vano piuttosto profondo. Il re vi mise la pietra preziosa, e la ricoprì con la neve.
“Prima della fine dell’inverno tornerò e mi riprenderò il mio tesoro.” pensò il re.
Passarono molti inverni invece, prima che potesse tornare. Visse lontano, ma il suo pensiero ossessivo era quello di recuperare il diamante.
Tornò che i capelli sulla sua testa si erano fatti radi, e la barba ormai completamente bianca.
Giunse al fronte del Grande Ghiacciaio, armato di pala e piccone e scoprì che l’apertura della galleria non c’era più. Negli ultimi anni il freddo era stato intenso, e i ghiacciaio aveva guadagnato terreno, coprendo con il ghiaccio ciò che gli stava vicino.
Disperato, il re cominciò  a scavare, urlando per lo sconcerto e agognando disperatamente il tesoro, così vicino e impossibile da trovare.
Così fece per il resto dei suoi giorni.
Ancora oggi, sul ghiacciaio, si odono i gemiti di dolore del re, e gli schianti del ghiaccio che si stacca dai seracchi coprono i colpi del piccone del re, alla vana ricerca del Diamante di Ghiaccio.

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