Come avvenne che il Gigiat chiese aiuto al Santo Francesco

Leggende perdute delle Valli del Nord

 Tra le leggende narrate negli anni, solo alcune sono state tramandate sino ai nostri giorni. Molte sono andate perdute. Il materiale documentale ritrovato recentemente ha permesso di ricostruirne alcune. Ecco quella conosciuta come: 

Come avvenne che il Gigiat chiese aiuto al Santo Francesco


Il Gigiat - da un affresco in San Martino Valmasino

Il Gigiat, quel gigante mezzo uomo e mezzo stambecco che abitava tra le valli di Masino, era dispettoso e a volte irascibile, ma buono. 

Proteggeva la valle e anche se non si mostrava volentieri, tutti i valligiani lo conoscevano e, pur rispettandolo, non lo temevano, perché sapeva che a loro non avrebbe torto un capello.

Non così per la gente intorno, che pensava al Gigiat come a una creatura del demonio, e se gli capitava di transitare  sulla Costiera del Cech, o di scendere sino a Morbinium, la gente fuggiva da lui o subiva da loro insulti e lanci di pietre.

Naturalmente, per ripicca, il Gigiat non perdeva occasione di devastare pollai,  far andare a male formaggio e vino, tosare in malo modo pecore e capre.

In ogni caso quell’essere aveva protetto molte volte la gente della valli di Masino.  Ci fu una volta, però, che dovette ricorrere a un aiuto particolare.
Vi fu un anno in cui l’inverno fu particolarmente crudele. Morse con il gelo tutta la montagna, arrivando presto, quando ancora l’autunno non aveva concluso il suo cammino, e attardandosi sino a ben oltre l’equinozio. Aveva rovesciato così tanta neve che in alcuni casi le abitazioni ne erano completamente sommerse, impedendo a chi vi abitava di uscire. La gente della valle si ritrovò ben presto senza cibo e  legna per il fuoco, e senza alcuna possibilità di procurarselo.
Il Gigiat, nonostante le dimensioni, era il solo che poteva muoversi agilmente sulla neve fresca, e si adoperava per procurare un po’ di fieno per gli animali e legna per qualche focolare. Ma non poteva fare molto altro.
Fu mentre portava della legna  che il borgomastro del villaggio, da una finestra non ancora coperta dalla neve lo chiamò e gli chiese: “ Devi andare a Morbinium a chiedere aiuto. Dì che portino viveri qui su con le slitte. Fa presto, che la nostra gente inizia a morire.”
Il Gigiat traversò a grandi passi la valle, così veloce che provocò piccole valanghe sui versanti più ripidi.  Scese quasi scivolando lungo il corso del torrente Masino, giungendo nell’ampia Valle Tellina di cui la Valle di Masino era tributaria, attraversò il ponte di Ganda e giunse nel centro di Morbinium, nella piazza del paese.   Qui iniziò a parlare, con la sua voce gutturale e il suo modo un po’ brusco di pronunciare le parole.
“La gent de la val del Masen g’han besogn de òtar. Podì purtà robi de mangià cunt la slita?”
Ma nessuno, per paura o perchè non comprendevano quello che aveva da dire, si fermava o interrogava ulteriormente. Per ore l’essere rimase in piazza, cercando di convincere gli abitanti del pericolo che la gente della Valle di Masino correva, ma non ottenne risultato. Ogni volta che si avvicinava a qualcuno, questi fuggiva con una espressione di terrore, o lo minacciava con un bastone.
Ormai al tramonto, stava per tornare scoraggiato e a mani vuote  dalla sua gente quando una gazza, che aveva svolazzato nella piazza per un po’ , lo apostrofò:
“È inutile che insisti presso queste persone. Ti temono e neppure capiscono quello che dici. La tua natura animale confonde la tua lingua. Hai bisogno di qualcuno che parli per te.”
“E dove lo trovo?” replicò l’essere.
“Vi è un paese, a sud di qui, chiamato Ascisium, vi vive un uomo santo, un frate di nome Francesco, che ha il dono di parlare con gli animali. Lui ti aiuterà.”
Senza porre indugio, il Gigiat si diresse verso quel luogo. Galoppò una notte e un giorno. DIfatti, pur restando normalmente ritto sulle zampe posteriori, l’essere poteva correre a quattro zampe, ed era veloce anche più del più veloce destriero.
La sera dopo trovò il sant’uomo.
“Francesco, aiutami a salvare la mia gente.”
Una volta che ebbe spiegato il problema, si mise Francesco sulle spalle, che si aggrappò alle corna di stambecco del Gigiat e la sera successiva furono ancora una volta nella piazza di Morbinium.
Qui toccò al sant’uomo spiegare quale necessità avessero gli abitanti della Valle di Masino, e effettivamente raccolse molto cibo e legna da ardere. 
Nessuno però era disposto a salire in valle.
“Con questo tempo, la tormenta di neve ti porta fuori strada, quando non ti copre di neve, e se  non lo fa la tormenta, vi sono le valanghe.”
Francesco si guardò intorno, guardò il Gigiat, poi si mise a parlare, in una lingua che nessun uomo poteva intendere, ma la capiva il Gigiat, che per metà era animale.
Stava chiamando a raccolta tutti gli animali liberi della zona. Si avvicinarono furtivi dapprima dei cani randagi, poi volpi, tassi, e cervi e daini, persino un lupo, che si pose accanto a Francesco quasi fosse da lui addomesticato.
“Ecco chi ti aiuterà a portare le provviste alla tua gente. Tu li guiderai per strade sicure, così che non abbiano a pentirsi per aver accolto il mio invito. Io resterò qui pregare.”
Così avvenne. Il Gigiat guidò gli animali presso tutti i borghi della Valle di Masino, ove lasciarono viveri e materiale, quindi li riaccompagnò in Valle Tellina. La sua gente era salva.
Tornato da Francesco, lo trovò che ancora pregava. Attese due giorni e due notti, sin che ebbe finito di pregare. “Ora puoi riportarmi a casa” disse il frate, e in un giorno e una notte furono ad Ascisium.
Dopo questo accadimento, il Gigiat si fece vedere sempre meno, sino a scomparire del tutto, non si sa se perchè stia invecchiando o perchè non ami la compagnia degli uomini.
Qualcuno però giura di sentire a volte, di notte, lo scalpiccio di zoccoli e un brontolio di suoni indistinti con la voce, inconfondibile, del Gigiat. 

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