Madreselva - Incipit



Come ogni notte, gli alberi oltre il confine del bosco erano neri e immobili. Lontano, le chiome si confondevano con le rocce ugualmente scure. 

Quelli accanto al villaggio invece ardevano del riflesso delle fiamme che stavano consumando stalle e abitazioni. Le vacche, le capre, gli uomini, tutti sopraffatti dal terrore, invadevano le strette vie, si intralciavano, calpestavano, in una confusione che era più che mai alimento prediletto della paura.

Alcuni avevano osato porre un freno all’ondata ghibellina, ma poco poterono qualche falcione e un paio di scuri contro una masnada di guerrieri armati finanche di balestre.
Ora i difensori giacevano a terra, senza più respiro. Delinda aveva evitato zoccoli e corna degli animali in fuga per giungere al luogo dove lo scontro si era fatto più crudo, la piazza al centro del villaggio. Temeva per Viviano, accorso a difendere le poche cose del villaggio.
Quello che vide la paralizzò.

Nello spiazzo c’erano corpi afflosciati come otri vuoti, la terra era nera dal sangue rappreso.
Il suo fidanzato era appoggiato a un tronco, il suo corpo squarciato da ferite mortali. Tentava una debole difesa agli attacchi di un nemico in fronte a lui, stringendo un corto baselardo. Ma l’assalitore, in piedi, parò facilmente i colpi e, quasi noncurante, affondò la spada nel ventre del giovane.

Delinda urlò, sentendo in tutto il suo essere la devastazione del corpo del suo amato. 

L’omicida alzò lo sguardo. Forse non si aspettava di vedere una donna ritta, immobile, gli occhi penetranti i suoi. Forse il dolore letto nel volto della ragazza era troppo forte da sopportare. Fu dunque l’uomo il primo a rivolgere gli occhi da un’altra parte. 

Un momento dopo Delinda si riscosse e si avventò sul nemico con la stessa forza del temporale. Ma l’assassino era svelto di spada, e fece compiere al suo ferro un largo arco, a circoscrivere uno spazio entro il quale non era prudente accostarsi.

Quel fendente raggiunse Delinda sulla guancia, scavando un solco profondo e pulsante. Ella si sentì mancare per il dolore. Lo slancio verso l’uomo si disarticolò in un ruzzolare scomposto che la portò con la faccia per terra.

Prima di perdere i sensi vide uno di quegli assassini avvicinarsi al corpo di Viviano e cercare di strappargli il baselardo dalle mani, ma il suo capo lo fermò. 

«Lascia! Abbiamo fatto abbastanza qui. Andiamo!»


Si risvegliò mentre il chiarore dell’aurora incendiava i bordi delle montagne. I pagliai e le abitazioni colpite erano diventati brace palpitante, così come lo era la sua guancia.

Si trascinò accanto a Viviano. Un rantolo intermittente era il solo segno di vita in quel corpo martoriato.

«Viviano! Viviano!»

Il dolore diede forza a Delinda, che si sedette accanto a lui e raccolse in un abbraccio il corpo senza forze.

Il calore della fanciulla sospese per un momento la discesa nell’oblio del giovane. Aprì gli occhi e riconoscendola tentò di allargare il volto in un sorriso.

Lei ricambiò, mentre le sue lacrime lavavano il sangue dal volto tumefatto dell’amato. Mentre teneva fissi gli occhi su di lei, il respiro cessò. 

Un sottile lamento nacque dal cuore di Delinda, si espanse nel suo petto, uscì dalla bocca come un roco singhiozzo, un urlo interrotto.

Avevano ucciso il suo amato. I sogni che insieme avevano sognato, le speranze coltivate, il lavoro per costruire un futuro insieme, cancellati nell’attimo di un agguato. Il dolore la prese tremendo, pressante. Le invase la mente lasciando che solo un acuto pensiero salisse alla coscienza.

Vendetta.

Prese il baselardo  di Viviano e lo strinse tra le mani fino a sanguinare.

Avrebbe vendicato il suo Viviano.